La storia della tartare
La tradizione vuole che prenda il nome dai popoli nomadi e guerrieri dell’Asia centrale, chiamati genericamente Tartari o Tatari in occidente, i quali avevano l’abitudine di mettere i pezzi di carne degli animali abbattuti al fine di cibarsene, tra la sella e il dorso del cavallo.
L’attrito di una giornata di marcia macinava la carne, rendendola morbida e più facile da mangiare.
risulta evidente che tra questa rudimentale ricetta e la raffinata tartare di oggi, esiste solo una lontana parentela, anche se, per i puristi, la vera tartare è quella realizzata con la polpa di cavallo, in omaggio alle probabili suddette origini.
La preparazione di una tartare
Preparare una tartare è molto semplice.
Occorrono circa 150 grammi a porzione di carne di manzo e la scelta può cadere sulla lombata magra, sullo scamone o sul filetto: la si trita col coltello, vi si mescola un cucchiaino di succo di limone, uno di olio di oliva, uno si salsa Worchestershire, sale e pepe (alcuni aggiungono anche un’acciuga tritata e Cognac).
Disposta la polpa al centro di un piatto, a monticello, si pratica un incavo sulla sommità, dentro al quale si versa un tuorlo d’uovo freschissimo e intorno si mettono, a distanza regolare, dei mucchietti di prezzemolo, capperi e scalogno tritati.
Si accompagna con senape di Digione e tabasco, in modo che ogni commensale possa gustarla con gli ingredienti che preferisce.
Per la buona riuscita del piatto, è fondamentale che le materie prime (carne e uova) siano della migliore qualità.
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